Giuseppina Confalonieri to Edoardo Perelli (2 Sep 1879)
Egregio Perellino,
La carissima sua lettera ricevuta stamattina, ci mise in qualche imbarazzo, pensando alla difficoltà di poterle dare tutti quegli schiarimenti che varebbero a soddisfarla, stantechè Bottesini appena sortito dal Conservatorio andò all'Estero e si fermò per molti anni al Cairo, non vedendo in Italia che rare volte e molto più rare ancora a MIlano non fermandosi che il tempo strattamente necessario per darvi qualche concerto. Di corrispondenza poi cogli amici ne tenne pochissima con utti. Ma giunto il Corbellini e fattagli leggere la sua lettera, mi ajutò a compilare questa breve biografia, se così si può chiamare.
Bottesini nacque in Crema nel 1823 al dì 24 Dicembre. Fin dall'infanzia mostrò una prepotente attitudine alla musica, come tutti quelli della sua famiglia.
Figlio di un distinto clarinetista, fratello ad un celebre concertista di trimba, morto al Cairo, il quale era anche capomuisca neel'esercito italiano. Giovinetto ancora Bottesini era adetto alla Capella del Duomo di Crema ove assumeva sempre le parti di primo soprano sotto la direzione del celebre maestro Pavesi. Volendo poscia il Bottesini entrare quale allievo in Conservatorio, e non essendovi vacante altrro posto che quello di Contrabasso, qundici giorni gli bastarono per prepararsi a subire un esame, che riuscì splendido, d'un istrumento che non aveva mai toccato prima d'allora. Entrato in Conservatorio nel 1835 sortì premiato e già distintissimo nel 1839. In Conservatorio suonava tutti gli istrumenti, di arco, piano, organo, e tutti perfettamente. Essendosi dagli allievi del Conservatorio, data nel carnevale del 1836 L'Italiana in Algeri, egli, il Bottesini, sostenne la parte della protagonista con luminosissimo succcesso, e tutto questo senza aver mai studiato seriamente, perchè la sua maggior occupazione era quella di copiare della musica per guadagnarsi dei soldi, e quando i suoi compagni sentirono il contrabasso di Bottesini dicevano ad una voce: Cristo el veur fioccà inque. Nell'autunno del 1860 diede alla Scala l'Assedio di Firenze con splendidissimo sucesso, ma poco piacquero gli esecutori. Il resto della vita artistica del Bottesini cadde già del dominio pubblico ed à molto più facile che Lei, uomo pubblico per eccellenza ne sia più al fatto di chiunque altro. Se abbia o no soddisfatto il suo desiderio non lo so, ma io non so più niente in proposito, ed ora le domandiamo quali lettere del Ponchielli desiderà, e quali del Cesare, e come c'entrino a far onore a Bottesini. Le lettere che Ponchielli scrisse al Cesare le ha il Sig. Gandolfi direttore della gazzetta del Villaggio, però se propriamente le abbisognassero andrebbe tosto a prenderle. Se lei vorrà dirci qualche cosa di più preciso e di più definito, faremo di tutto per accontentarlo.
Intanto la preghiamo a ricordarci al Primetto e al Sig. Albertino, al quale dirà, che tutto il sesso femminimo aspetta una riparazione a tanti oltraggi, parlando almeno un po' male anche dell'altra metà del genere umano.
Il Cesare la saluta come suole egli salutare gli amici, che più che nella mente li tiene nel cuore; ed io lo imito e per soprapiù mi sottoscrivo e mi dichiaro della signoria sua aff.ma Giuseppina Confalonieri.
Source: Museo Teatrale alla Scala di Milano, Ca. 4872/1-2
Published in: Inzaghi: Giovanni Bottesini p152, carteggio 192