Boito to Bottesini (Milano, 18 Nov 1878)
Caro Bottesini,
ho ricevuto ieri la buona novella del Regio di Torino, ho pensato alla osservazione del Pedrotti il quale trova che l'opera finisce freddamente, perchè l'azione drammatica dell'ultima pagina è anzi violentissima e oltremondo tragica, bensì qualla fine può forse mancare di effetto teatrale. Insomma, sia freddezza o mancanza di "teatralità" il fatto è che "Pedrotti ha ragione" e che io ti propongo la seguente variante.
Dopo le ultime parole del libretto, che mi pare siano quelle di Ariofarne: "Vendicato non son! È salva! È morta!" invece di calare il sipario scoppia un fulmine sulla terra e crolla diroccandosi il muro del fondo.
Allora attraverso a quel largo crepaccio fatto dal fulmine se vede un poetico lembo di mare tutto scintillante di luna, e in mezzo ai padilli bagliori di un'iride e contornati da ninfe marine, da stelle, etc. ...si vedono i due amanti abbracciatti e diventati immersi in una magica calma mentre sul davanti della scena giace la salma d'Ero e il coro s'inginocchia adorando ed Ariofarne freme gelosamente.
Per terminare l'opera così non occore neanche un verso mio e neanche tocarne mezzo dei precedenti. Occorre bensì che tu aggiunga dopo le parole: "È salva, è morta!" uno scoppio fomidabilissimo di orchestra per indicare il fulmine che tuona e che aterra il muro della torre; poi devi anche aggiugere un mezzo minuto (cioè sedici o vneti, o veitiquattro battue) di deliziosa musica, serena, incantata, argentina, clama, soavissima, sulla qualle far vedera il quadro descrito qui sopra e far calare lentamente la tela. Così si compie la promessa che io faccio nelle due ottave di prefazione quando dico che l'amore di Leandro ed Ero "vinse i mari, i fulmini e la morte". Questa poetica apoteosi colla quale ti propongo di terminare l'opera, farà un bel contrasto per la sua ideale serenità con le convulsioni e con le detonazioni dell'uragano che la precede. Si potrà il quadro in modo che sorprenda piacevolmente anche l'occhio degli spettatori.
Ora passiamo alla questione delle danze. Tu vuoi dare dunque molta importanza a questa parte dell'opera. Sta bene ma prima di tutto converrà che tu ti informi se il Depanis sia disposto a spendere largamente e ad affidare ad un valentissimo coreografo la messa in scena dell'opera.
Quando tu sarai sicuro che il Depanis voglia far ciò, cosa assai probabile, potrai dare importanza alle danze.
Intanto eccoti il programma che avrei ideato:
Incomincerei con una danza di carattere religioso: Ballerine vestite di bianco e di argento che si aggrupperanno armoniosamente intorno alla statua di Venere, tenendo in mano dei rami di mirto o delle rose, o degli archi d'oro con delle trecce. dopo quella specie di introduzione coreografica capoterebbe una vera azione danzante che intolerei: "La danza dei colori", o meglio "Iride", perchè con questo nome ci sarebbe un legame, un nesso tra questa coreografia e il quadro che ti ho descritto prima.
L'azzurro; il giallio; il verde; il viola; il rosso.
Con questo ordine si succederebbero i colori della nostra danza, a voler completare l'iride si potrebbe aggiungere infinite il cilestre e l'amaranto. Mi spiego: L'azzuro che viene per primo viene rappresentato da "otto ninfe, uranie" tutte vestite con veli di quel colore, sparsi di stelle. Queste ninfe notturne possono essere capitanate da Orfeo che è il Dio del sonno e da Fantasio che è il genio dei sogni. Il ballo di queste Uranie sarebbe lento, patetico.
Per secondo viene il giallo. Qui il ballo sarebbe vivacissimo. Otto ballerine vestite di giallio e con moltissimo oro, saranno guidate dall "Aurora e dall'Abbondanza", e qui grande sfoggio di cornucoie, di raggi, di sìghe d'oro, etc. Il verde sarebbe per terzo e sarebbe rappresentato da ninfe merine, da "Nereidi" adorne di conchiglie ed alghe.
Le condurrà la "Speranza" alata, accompagnata da piccoli amori portanti un ramo di biacospino ed un'ancora d'oro.
Dopo questa "Speranza" verde verrebbe il "dolore" accompagnato da meste figure vestite di "Viola" e la "Speranza" a qulla vista fuggirebbe e seguirebbe una coreografia di pose tragiche con pugnali, con catene, etc.
Per ultimo Amore con Eufrosine (che è la personificazione della gioia) verebbero a rendere gaio e focoso el finale del ballo; dietro ad essi molte allegre figure vestite di "rosso" menerebbero danze vivacissime portando fiaccole rosse e nappi.
Allora tutti i colori ballerebbero insieme e qui potrebbe aggiungere (senza fare per essi una entrata figurata e speciale) "l'amaranto" el il "celeste". Oni schiera di ballerine rappresentanteil loro coloro avrebbe una lunga sciarpa della stessa tinta, e per finire la danza, con un quadro vario pe gli occhi, si potrebbero vedere queste sette lunghissime bende unirsi in un semicircolo e rendere l'esatta immagine dell'"Iride".
Ma perchè questo ballo dei colori avesse un saporito gusto d'arte, converebbe che tu componessi "cinque pensieri musicali" assai caratteristici, uno per ognuno dei principali cinque colori.
Questi pensieri dovrebbero avere anche la loro speciale istrumentazione.
Per esempio:
Il bleu sarebbe rappresentato dagli strumenti a corda.
Il giallo dagli "ottoni" acuti.
Il verde dagli oboi, dai fogotti nel creare un ambiente patorale.
Il viola dai flauti, dai clarini, dai claroni.
Il rosso gali ottoni bassi.
Pensaci e rispondimi, e che questa lettera iridescente sia un buon augurio per l'opera.
I miei cordiali saluti alla tua Signora.
Ama il tuo
Attigo Boito
P.S. - Non dovresti far altro che comporre i cinque pensieri dei cinque colori e poi spedirli direttamente strumentati a Pedrotti; egli penserebbe a metterli a posto in mezzo all'altra musica delle danze che esiste già.
`Lettera pubblicata in Lettere di Arrigo Boito a cura di Raffaello De Rensis che commenta "Questo splendido progetto boitiano - che prelude di alcuni lustri le future ardenti discussioni sui rapporti tra musica e colori - non ebbe realizzazione. Il Pedroti, tuttavia, diede all'opera il necessario epilogo coreografico. Narra P. Nardi in Scapigliatura, Bologna, 1924: Giacomo Orefice, recatosi una mattina a far visita a Boito, lo trovò intento a osservare, in un grnade caleidoscopio, le mobili e simmetriche combinazioni di frammenti multicolori. Perchè? Perchè quello strumento, asseriva lui, tra il serio e il faceto, gli era fonte preziosa e inesauribile di emozioni musicali"]
Published in: Inzaghi: Giovanni Bottesini p149, carteggio 172