Bottesini to Padre Pietro (Boston, 29 Apr 1847)
Amatissimo padre mio,
Ieri ho avuto il piacere di ricevere una carissima tua del 20 febbraio; le notizie consolanti della tua buona salute e dalla mamma e dell'Angelina mi hanno rallegrato lo spirito e veramente ridonata la quiete. Nel mese di aprile corente non ho potuto scriverti perchè al 3, giorno in cui s'impostano lettere per l'Europa, partii dall'Avana e fino al 15 non arrivai a New York; il viaggio fu felicissimo, e fummo trattati con maggior riguardo. Trovammo a New York un'altra compagnia italiana al Teatro Palmos già da cinque mesi quivi stabilita, e fra cui vidi persone di nostra conoscenza, come la Clotilde Basili, Benedetti il Tenore, Sanquirico ecc.: un cremasco di cui non conosco il nome fa l'avvisatore. I nostri imprasari, piccati di non trovare il teatro libero, spesero 750 colonnati per un altro teatro, onde far sentire la compagnia nell'Ernani in due representazioni, e per dare uno scacco matto all'altra; difatti sbarcati di fretta tutti i cassoni, provammo ed andammo in scena. Quantunque il teatro Parla fosse piccolo, desso conteneva uno stipato concorso; tronfante per il successo a scapito degli altri, e chissà quanto veleno debbano aver inghiottito. Nella sera susseguente demmo un concerto nella sala del Tabernacolo, ove suonai due duetti coll'Arditi: ti accludo l'articolo che ne parla e potrai giudicare dell'effetto del mio contrabbasso. Prima di partire dall'Avana, firmai il nuovo contratto coll'imprensario di suonare tre volte al mese in concerti coll'aumento di 150 colonnati al mese oltre i 120 come suonatore d'orchestra. Ora potrò avanzarmi qualche mi gliaio di franchi. Non dubitare che appena posso fare una somma di tre o quattro mille franchi che m'avanzino, te li mando, tu ne farai quell'uso che più ti accomoda; io non ne voglio sapere; sarò abbastanza contento di poter alla fine fare qualche cosa per chi fece tanto per me.
Nei cinque giorni che mi sono fermato a New York, non ho fatto che girare; partendo dall'Avana con un caldo oppressivo, respirai colà come al presente, quell'aria rigida che mi rinfrescò i polmoni e mi tornò sangue nelle vene; a guisa dei cani del S. Berardo, mi missi a fiutare l'atmosfera che sapeva di neve.
Io non ho ancora veduto Parigi e Londra posso farmene un'idea se New York viene posta subito dopo quelle. È in effetto la gran città commerciale, popolata, pulita, elegante, fragorosa; vapori, strade ferrate, omnibus, carrozze, giornali a milloni; io non sapeva in che mondo mi fossi. Partimmo per Boston, altra città riguardevolissima, ove il liberatore di questa terra, Waxington, predicò massime tanto salutarmi ai popoli. Ovunque si parla l'inglese, cattiva pasta da masticare per noi. Un gran palo nel mezzo della città con appeso un beretto è l'insegna della cità. Tutti lavorano per il bene della patria e si vive tranquilli.
Sarebbero infinite le cose da raccontarti, ma non voglio privarmi del piacere di dirtelo un giorno a voce.
In questa città ci fermeremo fino alla metà di maggio per ritornare quindi a New York ove passeremo l'estate. Prima di tornare all'Avana faremo forse una gita a Philadelfia.
Io ti terrò sempre informato di tutto, onde tu mi abbia a scrivere. Come sta la mamma? Come va l'Angelina? bene al certo. Mi fa stupore però come nell'ultima non vi sia menzionata la sorella; bisogna che sia in campagna presso qualche signora. Se la distanza che ci separa non fosse così potrei mandare qualche bel vestito, ma mi riservo alla mia venuta. Dì alla mamma che mi trovo in un paese ove si osserva la domenica assai più religiosamente che presso i Cristiani; in tal giorno è proibito di cantare, di giucare, di bere liquori; ognuno va in Chiesa ove senza essere Cattolica si predica una religione moralissima, vera, degna della libertà di questi paesi e del bene pubblico.
Mi rammento quello che ho promesso e il tempo deciderà.
Non darti pena per ciò. se ho promesso e il tempo deciderà.
Non darti pena per ciò, se anche soffro qualche dispiacere in casa, la faccenda è così venuta d'abitudine che la mia salute non ne soffre sicuramente.
Infatti sono venuto un pochettino grassttello. Intendiamoci sempre in relazione col mio fisico. Non so nulla dei miei fratelli. Quante volte t'havvi a pregare di sapermi dire qualche cosa. Scrivimi presto adunque di loro e delle cognate e dei nipoti, se alle volte sono cresciuti.
Non ho tempo di scrivere a Della; bensì digli che ho ricevuto all'Avana due sue lettere, come due sono le tue. Digli che mi informi di tutto, che da parte mia farò lo stesso.
Finita la scrittura farò un piccolissimo giretto per gli Stati Uniti, quindi passerò a Londra ove mi si aspetta ansiosamente. Di là ti manderò una cambialetta per venire subito a trovarmi assieme alla mamma e all'Angelina. Ho sentito con dispiacere che Piatto fu assai ammalato e Bergamo. Ora salutamelo, se alle volte lo trovassi. Novelli il basso mi incombe di tanti saluti. Arditi pure, Battaglini quel famoso turco di Bre...
La nostra compagnia fa furori e deve ringraziare la verginità del timpano amerciano, perchè altrimenti sarebbero d'ammazzare. Se si eccettua l'Ernani, le altre opere sono rovinate. Stuonazioni orrende ma sempre applaudite. Che bella fortuna! Non so come la faremo ritornando in Italia.
Io ti saluto, ti mando un bacio per la mamma e l'Angelina.
Sta allegro, salutami Della, S. Angelo, Terni, Monza, tutti i parenti ed amici e credimi sempre con tutto l'affetto
tuo amatissimo figlio Giovanni.
Source: Lettera pubblicata da A. Carniti a pagg. 16-19 del volumetto In memoria di G.B., Crema 1921
Published in: Inzaghi: Giovanni Bottesini p120, carteggio 6